L'articolo 71 è modificato dall'articolo 11 della legge di riforma costituzionale.
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L'articolo 71 si occupa dell'iniziativa legislativa, cioè stabilisce quali siano gli organi preposti a proporre le leggi.
Il primo comma non subisce nessuna variazione, cioè la facoltà di proporre le leggi rimane agli stessi organi che l'avevano in precedenza: il Governo e ciascun parlamentare dei due rami del Parlamento, quindi ai Senatori rimane la possibilità di proporre una legge.
Il secondo comma inserisce a questo proposito, però, una limitazione: il disegno di legge di un senatore, deve, per passare all'esame della Camera dei Deputati, essere accompagnato da una delibera a maggioranza assoluta dei componenti (almeno 51, visto che in tutto sono 100), che è una condizione che non credo sarà facilissima da raggiungere anche solo per motivazioni logistiche (i Senatori sono tali, per così dire, a mezzo servizio: vedi articolo 57) prima ancora di quelle politiche.
Il terzo comma triplica il numero dei cittadini che sono necessari per la presentazione di una legge di iniziativa popolare, poi indora la pillola introducendo la garanzia della deliberazione su di esse che però è legata ai regolamenti parlamentari, quindi senza nessuna certezza effettiva: non sarebbe stato difficile dire, come si fa al secondo comma per l'iniziativa legislativa del Senato, "entro sei mesi", per esempio. E' ovvio che il non averlo puntualizzato permette di gestire in senso propagandistico la cosa, tanto niente è ancora definito, mentre è comunque stabilito che il numero dei firmatari triplichi.
Il quarto comma, del tutto nuovo, introduce la possibilità dei "referendum popolari propositivi e d'indirizzo, nonché di altre forme di consultazione, anche nelle formazioni sociali" ma, oltre ad essere assai poco chiaro (cosa sono, per esempio, le "formazioni sociali"?), rimanda ad una successiva legge per l'attuazione di ciò.
Dall'analisi si rafforza l'idea di un Senato che, lungi dall'essere abolito o occuparsi solo delle regioni, continua ad esistere, ma in posizione subordinata. In compenso per le leggi di iniziativa popolare, che dall'inizio della Repubblica finora non sono mai state discusse in nessuna legislatura, si triplica il numero dei firmatari, rendendo così più difficile la loro presentazione e non si capisce il perché: il Parlamento si trova impossibilitato a lavorare per l'eccesso di leggi di iniziativa popolare presentate nel corso del tempo? Poi c'è un demagogica garanzia di discussione parlamentare che però è rimandata al futuro: la sostanza è un minor potere dei cittadini rispetto a prima, poi si vedrà. Ma questa mi sembra una costante di questo processo di revisione costituzionale, letto in parallelo alla revisione della legge elettorale, il cosiddetto "Italicum": la tendenza mi sembra essere quella della diminuzione del potere dei cittadini, una diminuzione della democrazia del tutto in sintonia con il processo di verticalizzazione del potere che sta attraversando l'intera nostra società e che sta progressivamente riducendo, per esempio, i diritti dei lavoratori ovunque nei luoghi di lavoro.
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